Per cominciare, c’è la slam poetry. La slam poetry consiste nel dire le cose andando a tempo o in maniera un po’ jazzata e parlando in genere dei propri sentimenti, della propria credibilità di strada o di quanto il sistema stia cercando di tenervi sotto controllo. Può essere accompagnata da gesti drammatici. La slam poetry è l’unico tipo di poesia contemporanea che usa la rima. Per far capire all’ascoltatore che il poeta è contemporaneo, si distribuiscono qua e là delle volgarità. La slam poetry esiste solo agli open mic e suMTV, mai sui libri. I poeti slam non hanno paura di criticare il lavoro degli altri. Il punto sta tutto nell’essere “veri”. Per fare le classifiche, usano un complicato sistema basato spesso su una scala da uno a dieci o sul volume degli applausi.
Poi c’è la poesia confessionale. La poesia confessionale ha qualcosa in comune con la slam, soprattutto per l’enfasi sulla prospettiva personale del poeta. Però mentre quest’ultima tende a concentrarsi di più su come il poeta riuscirà a superare i vari ostacoli attraverso l’energia trasformativa connaturata con lo splendore della propria persona, la poesia confessionale punta maggiormente a condividere con il lettore gli affari più intimi, dolorosi e privati del poeta. Essendo più “seria”, di norma la poesia confessionale non usa rime (se non quelle à la Plath, che fanno ormai sempre più “vecchio stile”). Sempre ammesso che lo si riesca a spezzare in versi secondo una casualità sufficientemente convincente, il punto di partenza fondamentale del “confessionalismo” sta nel principio che qualsiasi cosa sia successa al poeta deve per forza essere interessante. Per esempio, se semplicemente dite:
Mi ricordo i pomeriggi passati lo scorso luglio sul lago Badger con il mio patrigno che, con la faccia paonazza per la troppa birra scura che si era bevuto durante la giornata, un po’ alla volta spostava dal fiocco del nostro vecchio gommone le sue dita tozze per metterle sulla cintura dei miei pantaloni Dittos,
è sicuramente un gran bel pezzo, scritto in maniera efficace. Però se lo formattate in quest’altro modo:
Mi ricordo i pomeriggi passati lo scorso luglio
sul lago Badger con il mio patrigno che,
con la faccia paonazza per la troppa birra scura che si era bevuto
durante la giornata, un po’ alla volta spostava
dal fiocco del nostro vecchio gommone le sue dita tozze
per metterle sulla cintura dei miei pantaloni Dittos,
ecco una bella poesia confessionale, finemente lavorata. La poesia confessionale può essere resa ulteriormente più forte mettendo in maniera speciale a fuoco le origini razziali del poeta, i suoi orientamenti sessuali, i suoi credo politici e/o le sue dipendenze da varie droghe.
Segue la poesia professionale. La funzione principale della poesia professionale è quella di stabilire lo status di non-dilettante attraverso la reiterazione di diversi segnali estetici riconoscibili da altri professionisti. Questi segnali includono: l’impiego di parole stravaganti-ma-non-troppo, una sorta di dignitosa indifferenza e piccoli indizi che indicano che da qualche parte sullo sfondo c’è un fondo fiduciario. Ci possono anche stare allusioni ai film francesi della Criterion Collection, termini presi in prestito dalla filosofia continentale oppure piccoli frammenti di citazione da una qualsiasi delle varie lingue romanze medievali. In qualche caso, può essere messa in campo una frammentazione un po’ più sottile, evitando però di arrivare a oscurare l’impeccabile formazione grammaticale da Ivy-League dell’autore. La lirica professionale di solito era in versi liberi, oggi però si limita a sembrare di esserlo.
Poesia neo-beat: vedi poesia slam.
Poesia “language”. Al momento attuale, di poeti language ce ne sono solo una dozzina e sono tutti professori universitari o analisti di mercato. Sotto questa etichetta, però, le masse volgari hanno raccolto grandi fette della poesia contemporanea – cosa ci volete fare? La poesia language è poesia che ha addirittura meno senso della poesia normale. È sinonimo di poesia sperimentale, di poesia innovativa, di proceduralismo, di modernismo, di postmodernismo, di lirica astratta, di Oulipo, di scuola di New York, di Dada, di surrealismo, di matematica e di decostruzionismo. I poeti language originali si erano impegnati in un ambizioso programma politico che implicava la necessità di alcuni cambiamenti rivoluzionari da effettuare disalienando il lettore rispetto alla trasparenza del referente linguistico. La cosa ha funzionato alla grande. Il poeta language John Ashbery è ora poeta laureato dell’ONU e capo del governo ombra degli Stati Uniti a Cuba.
Rimangono i cugini rivali della scrittura concettuale e del flarf. Di norma, per “scrittura concettuale” s’intende quando semplicemente si copia o, ancora meglio, quando si scannerizza. A volte, questo implica la realizzazione di una lista di tutte le cose che sono presenti dentro l’appartamento del poeta e che lui può sollevare con il pene. Il flarf (così chiamato a causa di un incidente occorso al suo inventore, Noah Eli Gordon, mentre si stava tatuando) è un procedimento molto più avanzato, dove i risultati delle ricerche su Google sono tradotti in russo, poi di nuovo in inglese, poi in coreano e poi ancora in inglese, e alla fine mixate assieme in monologhi drammatici dagli universitari stagisti del poeta. Il flarf ha dato risultati promettenti nella sperimentazione clinica, dove è stato utilizzato per trattare i disordini nervosi nei pappagalli, nei parrocchetti ondulati e in altri uccelli parlanti.